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Primi Italiani in Africa  I primi rapporti con l’Africa ma soprattutto con  l’Etiopia  furono messi in atto per via della comunione della fede. Dal XIII al  XVII secolo, prima i Francescani e poi i Gesuiti fecero di questa regione la meta  di attività svolte al fine di portarla nell’ambito della religione Cattolica. Gli Abissini, restati per secoli isolati, avevano resistito alla propaganda religiosa ed ai tentativi di dominazione dell’Islam. E’ solo  nella prima metà del 1200 che l’Europa apprende dell’esistenza di uno stato Cristiano nell’Africa Orientale, retto da un mitico Prete Gianni. La via da seguire per  recarsi in Etiopia era quella naturale del Nilo fino a Dongola, prendendo poi a sinistra lungo l’Atbora, il Tacazzè e l’Abai. Missionari Italiani a lungo, andarono e vennero da quelle terre istituendo un continuo contatto, tracciando itinerari, annotando una miriade di dati e ottenendo perfino la partecipazione di delegati abissini al Concilio di Firenze. Ma non solo religiosi andarono e tornarono dall’Etiopia, infatti, si ha notizia che, intorno al 1480, il pittore veneziano Brancaleone si accompagnò ad una missione Francescana e rimase in Etiopia per  ben 33 anni. Intorno al 1520 il Fiorentino Andrea Corsali, a bordo di navi portoghesi, comandate da  Duarte Galvaro, navigò il mar Rosso e,  penetrato in Etiopia, vi rimase per 10 anni. L’attività  dei nostri religiosi si farà sempre più frequente, nei secoli a venire ma sarà registrato il martirio di molte vite e non poche sofferenze. Ma veniamo a tempi a noi più vicini Verso la metà del secolo  XIX risiedeva a Khartum, alla confluenza  del Nilo Bianco con il Nilo Azzurro, un gruppo di sudditi Sardi, dediti al commercio. La presenza di questi ultimi e la creazione del Vicariato Apostolico dell’Africa Centrale permise  un notevole apporto alla conoscenza geografica del Sudan. Il Savoiardo Antonio Brun Rollet, giunto in Egitto nel 1831, esplorò l’Atbora ai confini con l’Etiopia. Nel 1841 risalì il Nilo Bianco e fondò nella zona di Bari, la stazione commerciale di Bellenia. Ricordiamo l’Abate Giovanni Beltrame, sacerdote di notevole cultura, iniziò la sua vita di esploratore in Nubia, esplorò il Nilo Bianco esercitando la sua missione tra il popolo dei Denka. Che dire poi di Mons. Daniele Comboni, tenace animatore dell’attività missionaria italiana nella zona del Nilo Bianco, il quale, dal 1857 al 1859, compì importanti viaggi sul Nilo Azzurro. Gli Italiani li ritroviamo in ogni tempo e sotto tutti i paralleli nella tumultuosa storia africana. Che dire, infatti,  della storia  del piccolo Giuseppe Ventini, figlio di un alto funzionario alla corte di  Napoleone  nell’isola d’Elba, rapito in fasce dai pirati barbareschi, condotto schiavo a Tunisi, che viene allevato alla corte di quel Bey! Cresciuto, rivela doti militari  notevoli. Scoperto il suo rapporto d’amore con la figlia del Bey viene imprigionato, fugge divenendo poi uno dei più stimati ufficiali dell’esercito francese. Si distingue infatti  alla presa di Bona nel 1832, viene nominato con decreto sovrano, Bey della città di Costantina. Nel 1843 si distingue alla presa di Mala; nel 1857, Comandante della Divisione di Algeri, prende parte alla conquista della Grande Cabilia; nel 1864 è nominato Comandante della Divisione Metropolitana di Montpellier. L’Africa ci attira irresistibilmente, è una predestinazione. Tra i più grandi esploratori troviamo la figura di Pellegrino Matteucci, che, partito dal mar Rosso nel 1878, raggiunse l’Atlantico compiendo la prima traversata d’Africa  da Oriente  ad Occidente. Non insensibili a quel movimento di espansione, furono anche Re Vittorio Emanuele II e Camillo Benso Conte di Cavour che, per la ricerca di una qualche colonia, interessarono  molti nostri missionari che in quegli anni erano riusciti a penetrare in Africa. Citiamo fra i tanti, Giuseppe Sapeto, che, nel 1837, recatosi in Abissinia, giunse fino ad Adua; ricordiamo Padre Giustino Jiacobis e Padre Luigi Montuosi inviati dal Papa Gregorio XVI per coadiuvare il Sapeto; ricordiamo anche il Cappuccino Piemontese Giuseppe Massaia che incaricò il Savoiardo Padre Leon des Avanchérs di sottoporre uno schema di trattato commerciale tra il Governo Sardo ed i Capi locali. Più tardi, il Sapeto sbarcherà ad Aden in compagnia dell’ammiraglio Acton, per acquistare, per conto della Società Raffaele Rubantino, una striscia di territorio lunga 4 miglia, dietro il pagamento di 6000 talleri. L’11  Marzo dell’anno successivo, viene perfezionato l’atto di acquisto ed il 13 dello stesso mese il  Tricolore Italiano sventola per la prima volta in terra d’Africa. Nella relazione sul progetto di legge per Assab,  presentato alla camera il 13 Giugno dello stesso anno, veniva, tra l’altro, dichiarato: “Noi abbiamo assunto in quella parte del mar Rosso, una missione di civiltà e di pace”. Ma l’insurrezione Mahdista nel Sudan frustrò questi pacifici propositi. Il 17 Gennaio 1885, mentre il Presidio Inglese di Khartum era assediato da ogni parte, partiva da Napoli in mezzo al tripudio generale, una spedizione di Bersaglieri comandata dal Colonnello Saletta.  Questi, giunti in  Africa,  sbarcarono a Massaua senza incontrare resistenza e si disposero a presidio in diversi punti della costa.